Capo Palinuro non è solo tra i mari più belli e incontaminati del Mediterraneo, ma è anche storia, archeologia e paesaggio. È il promontorio che ha affascinato Omero, che qui colloca il regno della seduzione delle sirene, e Virgilio, che lo rende eterno in una delle più belle storie dell’Eneide.
Immersi in colori intensi e unici, e circondati da capolavori della natura, oggi visiteremo la costa dove storia e mito s’intrecciano.
Benvenuti a bordo!
La nostra gita in barca parte dalla spiaggia della Ficocella; a bordo di un gozzo circumnavigheremo il promontorio di Capo Palinuro. Visto dall’alto ha una forma di una mano, con cinque punte prominenti verso il mare di circa un chilometro rispetto alla terra ferma. Ogni punta custodisce una grotta diversa, con la sua storia e i suoi colori.
La prima punta che avvistiamo è Punta Quaglia, punto di approdo delle quaglie in migrazione. All’interno di questa roccia la forza del mare ha scavato la Grotta Azzurra, la più famosa delle cinque, che noi visiteremo al ritorno, perché nel tardo pomeriggio il sole si colloca in modo tale che maggiori raggi luminosi vengano riflessi verso l’interno e l’azzurro diventi particolarmente intenso. Qui il sole e il mare inventano un altro colore, molto simile al blu cobalto ma in realtà è “blu Palinuro”.
Il nostro viaggio prosegue verso la Cala del Ribalto, custodita da Punta Bianca: la parete rocciosa crea un muro sul mare, le onde s’infrangono e tornano indietro, rendendo la navigazione particolarmente pericolosa. L’origine del nome “Palinuro” risale al greco “palin”, di nuovo, e “ouros”, vento, ad indicare un capo che faceva da spartivento. Qui nel 36 a.c naufragò la flotta di Ottaviano, di ritorno dalla guerra in Africa. Il fondale custodisce ancora le catene della nave.
La terza punta del promontorio è la più suggestiva e custodisce le origini di Palinuro: è Punta Spartivento e, oltre al compito naturale di dividere i venti che vengono da Ponente (nord – nord ovest) da quelli che vengo da Levante (est – sud est), questa punta era ben conosciuta dai greci, popoli di navigatori per eccellenza, che quando provenivano da oriente la avvistavano per prima e ne segnalavano la sua pericolosità. Ancora oggi, quando soffiano venti forti, intorno a questa punta si determinano vortici di aria pericolosi.
Virgilio cita nel V° e VI° libro dell’Eneide Palinuro, nocchiero di Enea che, sorpreso dalla morte mentre dormiva, cade in mare; trascinato dalle onde per tre giorni, al quarto viene scaraventato sulla terraferma, dove viene assalito dagli indigeni che lo lasciano insepolto. Su preghiera di Enea, la Sibilla promette che Palinuro avrà un maestoso tumulo (Capo Palinuro) e che il suo nome rimarrà per sempre legato al luogo della sepoltura.
Punta Spartivento ha anche uno tra i più importanti fari di Italia, insieme a Genova e Trieste, per la portata del suo raggio d’azione, di circa 30 miglia.
Superata Punta Spartivento, ci apprestiamo a visitare la prima grotta.
La grotta del sangue deve il suo nome al colore della parenti interne, contraddistinte da un rosso addensato che, riflettendosi sulla superficie marina, lascia scorgere nelle acqua della grotta una venatura rossastra.
Punta Mammone, la quarta, ha una forma particolare: due rocce a forma di braccia protese verso il largo, come se volessero abbracciare o proteggere i naviganti. Custodisce due grotte.
La prima che visitiamo è la grotta sulfurea, detta anche “cala fetente” per il forte odore di zolfo; un odoro sgradevole che però fa molto bene alle vie respiratorie: un aeresol naturale. Tutto è determinato da tunnel sottomarini che collegano la grotta al vulcano Marsili, considerato dai vulcanologi il più pericoloso del bacino mediterraneo. La spinta dei gas mette in movimento l’acqua creando l’idrodinamismo.
La grotta dei monaci, invece, è formata da stalagmiti raggruppate insieme, che sembrano monaci in atteggiamento di preghiera sormontati da una cupola. Si alternano vari colori, dal giallo la viola.
Una volta usciti dalla grotta dei monaci, possiamo ammirare un capolavoro della natura: tra la roccia che cade a strapiombo sul mare, Madre Natura ha costruito una piccola finestra, nota anche con il nome di “architiello”. In base alla posizione della barca e dalla vostra direzione, potete restare incantati da ciò che vi regalerà. Noi vi sveliamo solo che crea delle bellissime illusione ottiche!
La quinta punta del promontorio è la più piccola. E’ chiamata Punta Galera, perchè nei fondali sono stati ritrovati i resti di una nave romana.
Facciamo rotta verso la Baia del Buondormire. Spiagga Patrimonio dell’Unesco, incorniciata dalla roccia che si appoggia su una minuscola spiaggia dorata lambita da acqua cristallina. E’ raggiungibile quasi esclusivamente via mare (se non in barca, si può raggiungere solo dall’Hotel King’s), ed è la spiaggia più romantica di Palinuro. Un vero gioiello!
Ad accoglierci è lo scoglio del coniglio!
In questa incantevola spiaggia ci fermiamo per una sosta e … vi assicuriamo che sarà molto difficile risalire in barca.
Risaliamo a bordo e ci dirigiamo alla Grotta delle Ossa. Oltre ad essere ricca di storia, ha una forma molto caratterista: due grandi occhi sormontati da un cappello garibaldino.
Deve il suo nome a delle tracce si ossa e di depositi fossili di grossi mammiferi del Quaternario incastonati nella parete.
Non ci resta che tornare indietro per esplorare l’ultima grotta, quella azzurra.
Il sole e il mare cilentano rendendono questa gita in barca ancora più piacevole, e noi continuiamo ad ammirare questo magnifico promontorio che cade nel mare, costellato da fari e torri saracene.
La grotta azzurra è la più grande e s’inoltra per circa 500 metri; deve il suo nome al colore azzurro creato da particolari giochi di luce che si irraggiano all’interno tramite un sifone alla profondità di circa trenta metri. Un azzurro molto intenso, a volte striato dall’arancione di un prticolare tipo di alga.
Al suo interno possiamo ammirare quello che Giuseppe Ungaretti nel 1932, nei suoi racconti “Viaggio nel Mezzogiorno”, definì il delfino della grottta azzura, a cui dedicò alcuni versi: “con occhio sottomarino, vediamo allora sorgere – e fare capitomboli tra le pareti bluastre della caverna, come nel mezzo dell’interno d’uva – dall’acqua: un delfino impietrato…”
Torniamo alla Spiaggia della Ficocella e sulla terraferma, consapevoli che la storia e il mito di Palinuro ci riserveranno ancora tante sorprese.
Ci torneremo presto!
Testi e foto di Maria Ilaria Iuliano
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